TRAINSPOTTING:
Dove arriverà il giovane Mark Renton, in cammino alla fine di Trainspotting? La domanda non è di quelle che facciano perdere il sonno. Si ha notizia di molti che hanno continuato ad avere notti tranquille, anche dopo aver visto il film del giovane Danny Boyle ispirato al romanzo del giovane Irvin Welsh. Ma nemmeno si può dire che il giovane Mark Renton proprio non la stimoli, la curiosità. In fondo, per un paio d'ore lui e i giovani Spud, Sick Boy, Tommy e Begbie ce la mettono tutta per (come si diceva una volta) èpater le bourgeois, anzi per épater la galerie, volendo restare più aderenti al contesto. E in effetti la galerie, intesa come platea, s'épate non poco, soprattutto nella prima parte del film, quando sceneggiatura e regia si mettono d'impegno a descrivere il mondo «dannato» dei tossici. Uno s'aspetta una condanna del buco o, come nel doppiaggio dice il giovane Mark Renton, dello schizzo? Un secondo s'immagina tutt'altro, qualcosa come una discesa turistico-emozionante all'inferno, con biglietto d'andata e anche di ritorno perché non si sa mai? Un terzo pretende una dose forte, un'overdose di dissacrazione, «optional obbligatorio» nei supermercati della banalità? O reclama addirittura un ribaltamento di prospettiva morale, con tanto di scoperta del senso alternativo e filosofico della «scelta di non scegliere la vita», la quale essenzialmente celebra se stessa nel rito del cucchiaio, del fiammifero e della siringa? Ebbene, tutti e tre scopriranno d'aver speso bene i soldi del biglietto. Il giovane Danny Boyle è stato previdente, oltre che dissacrante come da contratto: in Trainspotting ce n'è per tutti, o quasi. E per di più senza che nessun (su per giù) bourgeois seduto in platea possa lamentarsi d'essere stato lasciato a secco d'épatements. Cominciamo dal versante viaggio-all'inferno-e-ritorno. Il giovane Danny Boyle sa il fatto suo. Basta ricordare la sequenza dell'apnea del suo eroe nella tazza del cesso (il peggiore della Scozia, avverte benevola una didascalia). Il giovane Mark Renton ne ha ben d'onde (come si diceva pressappoco nella stessa epoca in cui il bourgeois s'épatait). Il fatto è che, insieme con il materiale organico, nella tazza s’è lasciato scappare anche un paio di supposte d'oppio. Ed è qui che s’evidenziano la genialità dell'autore e il fiato del protagonista. Invece di limitarsi a mostrare il rovistamento nel cesso fino al gomito, i due s'esibiscono in un tuffo surreale nel suddetto, che il cinema ci scopre profondo come il mare. Naturalmente, l'apneista torna in superficie, per quanto portandosi addosso i segni dell'impresa, oltre che le supposte. Cosa che può definirsi anche metafora dello spettatore che ci sia entrato apposta nella galerie: ossia per immergersi nella tazza del cesso del «maledettismo» tossico, e poi riemergerne conservandone per così dire memoria.
Chi invece d'inferi scatologico-dissacranti non voglia bearsi, trova comunque la sua brava soddisfazione nello sfacelo fisico e psichico del giovane Spud. Per non dire del pupazzo livido e gonfio che, a un certo punto, il giovane Danny Boyle inquadra per convincerci che il figlio d'una tossica distratta è proprio morto e stecchito nella sua culla lercia. Per i più testardi, regia e sceneggiatura si producono nella sequenza degli incubi da astinenza (livido e gonfio, il fantoccio di prima gattona sul soffitto). Questo, naturalmente, solo dopo essersi esibite in svariate inquadrature di aghi in vena, di siringhe viste dal di dentro mentre si riempiono o si svuotano, di eroina che bolle nel cucchiaio. A coronamento, il giovane Tommy è seguito con meticoloso impegno nell'agonia da HIV in mezzo agli escrementi del suo gatto. Come si fa a dire che, a questo punto, il buco e lo schizzo non siano condannati? Ci resta ora il terzo versante di Trainspotting, quello più impegnato e impegnativo. La sua sostanza è che la vita del bourgeois fa schifo (cosa che, in effetti, il bourgeois d'un tempo amava sentirsi dire), e che piuttosto sono preferibili lo schizzo e il buco o, se proprio si va per il sottile, una bella faccia tosta che consenta di vivere come il bourgeois, ma pigliandolo per il naso. Che c'entra più il gatto di Tommy con i suoi escrementi? Ora il giovane Danny Boyle sta pensando a ben altra parte della galerie (e delle entrate a pagamento). Questa parte non vuole sentir ragioni: il moralismo le pare insopportabile, almeno se non è del tipo omologato. E qui l'omologazione è garantita in tutti i supermercati della banalità dissacrante. Dove medita dunque d'andare il giovane Mark Renton? Chissà, forse a scrivere un libro autobiografico per poi girarci un film. Nel caso, avrà cura d'épater le bourgeois e di riscuotere insieme gli applausi della galerie. Se invece che di Glasgow fosse di Napoli, li intitolerebbe entrambi Accà nisciuno è fesso.
DaIl Sole-24 ore